martedì 4 luglio 2017

BULLISMO IN ROSA SHOCKING

È un fenomeno sommerso, se ne parla poco o se ne parla come di una ragazzata. 
E' il bullismo al femminile, più silenzioso e subdolo di quello a pugni e calci tra maschi, ma tagliente e incisivo nella vita delle vittime.



Ma chi sono le vittime? Spesso ragazze timide, introverse, brave a scuola, oppure coetanee, belle e pericolose che, agli occhi della bulla, potrebbero rubarle la scena. 
La bulla, spesso seguita dal gruppo, individua il punto debole della vittima ed è proprio lì che infierisce maggiormente. 

Su una pagina Facebook, creata appositamente per offendere pesantemente le  compagne, Benedetta, 17 anni, è un "tricheco" perchè porta l'apparecchio ai denti. Agnese, 17 anni, è un "bisonte" e per questo cade in depressione, digiuna e perde 30 chili. 

Anche i maschi sono vittime sacrificali. Marco porta la benda ad un occhio per un tumore, ma per lei, la bulla, gioca a fare il pirata. Giulio è in sovrappeso, le compagne lo chiamano "pattumiera" e gli lanciano addosso i resti del cibo del quale non hanno più voglia. 

Anni di psicoterapia, adesso sta bene ma rabbrividisce ripensando a quegli anni. 
Simona, adesso diciottenne,piccola ed esile, vittima di ostracismo, di atti finalizzati ad escluderla completamente dal gruppo-classe, ricorda: 
"Arrivai al punto di detestare la scuola, avevo terrore di andare in bagno perché lì c'era la mia carnefice". Le denigrazioni, le offese sull'aspetto fisico, sull'abbigliamento, sul rapporto con gli insegnanti hanno minato la mia autostima e portata a sperimentare un vissuto di insicurezza, inferiorità, a soffrire di gravi disturbi psicosomatici. Ancora oggi ne porto i segni". Ed è vero. 
Si potrebbero riportare altre mille storie. Il problema è grave e bisogna contrastarlo. Come? Forse i genitori dovrebbero essere più attenti e vigili, i docenti e i dirigenti scolastici dovrebbero farsi parte attiva e non far scivolare tutto nel silenzio e nell'oblio in nome dell'"immagine della scuola". 

Perché non intervenire con progetti-stavolta utili-volti alla prevenzione del fenomeno,con corsi di sensibilizzazione rivolti ai genitori, spesso assenti e sordi ai bisogni affettivi dei figli, ma molto presenti e attivi nel rivendicare una promozione immeritata? 

E poi, sia la famiglia sia la scuola, che però non può e non deve sostituire le "mura domestiche", dovrebbero educare i ragazzi a sane relazioni con il gruppo dei pari, dal momento che i bulli, siano essi femmine o maschi, lanciano, comunque, un messaggio di disagio e richiesta di attenzione che non può rimanere inascoltato. 
Piera Denaro
                                                                                                                            DOCENTE LICEO CLASSICO G.GARIBALDI-PALERMO




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