venerdì 30 novembre 2012

IL LABORATORIO DI ANTROPOLOGIA E ODONTOLOGIA FORENSE

Il fiore all’occhiello della medicina legale in Italia è il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense conosciuto maggiormente con l’acronimo LABANOF

Nato nel 1995 opera presso il DMU dell’Università degli studi di Milano, vanta i migliori specialisti, formando un equipe imparagonabile. 

Lo staff, infatti, è composto da medici legali, antropologi, biologi, odontologi forensi e naturalisti, che si occupano del recupero e dello studio di resti umani, dell'identificazione del vivente, della costruzione del profilo biologico di sconosciuti con ricostruzione facciale, dell’ identificazione di cadaveri, delle ricostruzioni dinamiche di delitti in 3D, della valutazione dell'età biologica di viventi ai fini dell'imputabilità e molto altro… 


Il LABANOF inoltre collabora da anni con la trasmissione "Chi l'ha Visto", con la "DoeNetwork" (associazione americana che si dedica ai cadaveri senza nome) e con l'Associazione Penelope (persone scomparse). È stata creata una banca dati con la partecipazione con il Museo Archeologico di Milano e con la Sovrintendenza dei Beni Archeologici della Lombardia con lo scopo di studiare l’evoluzione sociale e lo stato di salute della popolazione lombarda. Si sta lavorando per creare una banca dati nazionale per dare un nome sia alle persone scomparse che ai cadaveri; fino a questo momento tale iniziativa è stata realizzata e gestita sul sito ufficiale del LABANOF. 

Senza dubbio un sito facile da consultare, ben organizzato e utile perché risponde ad ogni domanda in maniera molto chiara. Per ulteriori informazioni, consiglio di visitare il sito:  www.labanof.unimi.it/

mercoledì 21 novembre 2012

Sicurezza in Rete. Google SafeSearch: filtraggio di contenuti discutibili

Costruire un ambiente protetto e privo di pericoli per i più giovani che navigano nel web, ora è più semplice grazie a “Safesearch” ovvero “ricerca sicura”, il nuovo programma gratuito che Google mette a disposizione delle famiglie.

Si tratta, in sintesi, di un filtro che elimina la maggior parte di contenuti discutibili, rischiosi e inappropriati.

Attivare il servizio ed accedere agli altri prodotti che Google offre gratuitamente è molto semplice: innanzitutto serve un account, perciò si deve aprire un  account di Google, inserire i dati e seguire passo passo alcuni semplici passaggi.

È molto importante ricordare di andare alla pagina Google impostata in lingua inglese (google.com) perché il servizio non è stato ancora attivato nella pagina italiana, ma una volta attivato Safesearch, i risultati funzioneranno in tutte le lingue.

In alto a destra nella pagina di Google si deve cliccare Search settings.

Nella pagina che compare, nella sezione “Safe SearchFiltering”, è necessario selezionare prima l’opzione “Use strict filtering” e successivamente cliccare su “Lock SafeSearch” cioè “blocco di Safesearch”. 

A questo punto si aprirà una nuova pagina con una scheda a lato da compilare digitando la propria e-mail e password cliccando infine su “sign in”. 

Se però non si ha un account Google, lo si può creare cliccando sulla voce in basso “Create an account now”. 

Nella pagina successiva si dovrà confermare il servizio facendo clic su “Look Safesearch”. Si capirà che la conferma al programma ha avuto successo quando, durante le ricerche successive compariranno quattro palline colorate in alto a destra. 

Attenzione, il filtro dovrà essere attivato per ogni browser!

Per ogni dubbio e per ulteriori informazioni suggerisco il video tutorial che presenta il servizio
 


BPA ovvero...l'analisi delle tracce di sangue

Vi siete mai chiesti quali tecniche e analisi gli agenti della polizia scientifica della più famosa serie televisiva americana CSI impiegano per la ricerca degli assassini? Perché fotografano e filmano anche la più piccola goccia di sangue sulla scena del crimine? E come mai spesso il sangue ritrovato durante il sopralluogo non ha sempre la stessa forma? 
Ebbene più di un secolo fa in Europa nacque il Bloodstain Pattern Analysis, più conosciuto con l’acronimo BPA, cioè una disciplina criminalistica che studia numerosi fattori delle tracce ematiche quali: la forma, la quantità, la distribuzione e la posizione delle gocce di sangue sulla scena del crimine. La funzione della BPA ha un valore aggiunto per la ricostruzione della dinamica del reato perché consente d’individuare la posizione spaziale della vittima e del reo al momento del crimine. Questa disciplina si fonda non soltanto sulla semplice osservazione, ma anche sulla biologia, sulla fisica e sulla matematica. La biologia perché il sangue è un tessuto biologico composto da plasma, cellule, piastrine, globuli bianchi e globuli rossi. La fisica perché il tragitto della goccia ematica dipende dalla gravità, dall’attrito e dalle leggi che regolano la tensione del substrato. La matematica perché calcolando l’ angolo d’impatto  si può risalire grazie alle equazioni del moto al punto di origine. Per determinare questo punto si traccia la prosecuzione degli assi maggiori delle macchie, fino a vederne la convergenza. Se a questo si aggiungono le informazioni sull’angolo d’impatto, si ottiene una ricostruzione completa in tre dimensioni. L’angolo d’impatto e la velocità d’impatto sono i parametri fisici che, insieme all’attrito dell’aria e alla forza di gravità, permettono di determinare la traiettoria della goccia ematica.
La forma delle tracce di sangue sulla scena del crimine riveste una notevole rilevanza:

 la gocciolatura è una piccola quantità di sangue, che assume la forma di clava e/o punto esclamativo  se cade da un soggetto in movimento; la parte più sottile, ossia l’estremità appuntita è opposta alla direzione di provenienza del sangue;

la colatura è la traccia conseguente alla caduta su un substrato inclinato;

la pozza è una traccia ematica estesa, che si può trovare completamente o parzialmente sotto il corpo da cui è originata;

la pozza prende il nome di gora se il substrato è inclinato;

spruzzi e schizzi sono il risultato di una proiezione di sangue su una superficie, che prendono la forma di macchioline rotondeggianti o puntiformi, qualora il sangue sia proiettato con forza su una superficie; 

le tracce secondarie sono originate dal successivo trasporto sul substrato da cui si rivengono, spesso caratterizzate dal fatto che il sangue assume una distribuzione disomogenea e non uniforme.

Tutti questi tipi di tracce hanno una spiegazione ed un’origine ben precisa. La forma della goccia ematica è il punto di partenza fondamentale per poter determinare l’angolo d’impatto: gocce piccole sono prodotte da eventi più traumatici come ad esempio le armi da fuoco o dei corpi contundenti molto veloci, forme più grandi vengono prodotte generalmente  da colpi più lenti. 

In "Interpretation of bloodstain evidence at crime scenes" William Eckert e Stuart James propongono un’ulteriore classificazione delle tracce ematiche:

impatto a bassa velocità: il sangue si muove lentamente(massimo 1,5 m/s) e le tracce di sangue presentano un’ampiezza pari o superiore a 3 mm. Si realizza per forze esterne e non si assiste ad una vera e propria dispersione della goccia;

impatto a media velocità: la velocità in questo caso è compresa tra 1,5 m/s e 7,6 m/s. Solitamente l’ampiezza è compresa tra 1 e 3 mm anche se possono essere prodotte gocce più grandi e più piccole. Queste tracce sono le più comuni e sono spesso prodotte da traumi contusivi da oggetti ottusi come colpi con bastoni, martelli, pietre, pugni…

impatto ad alta velocità: la velocità è superiore ai 30 m/s e a causa della piccola dimensione delle gocce, che non superano il millimetro, queste attraversano soltanto una piccola distanza, non superiore al metro. Le goccioline prodotte da questo tipo d’impatto generano una dispersione simile alla nebulizzazione. Esse vengono prodotte da traumi cagionati dall’impatto di agenti balistici, da esplosioni…
I colpi d’arma da fuoco generano schizzi proporzionali alla velocità d’impatto del proiettile, che trasferisce la sua energia cinetica ai tessuti. Gli schizzi che si creano si disperdono con una forma conica e si suddividono in Forward spatter e Back spatter, ovvero, spruzzo in avanti e spruzzo indietro. Il primo è associato al foro di uscita, il sangue infatti segue la forza e la direzione del proiettile per poi disperdersi verso le superfici; i Back spatter sono associati al foro d’ingresso del proiettile e sono spruzzi causati dai gas compressi che restano imprigionati fra la cute e le ossa e provocano l’espulsione di materiale biologico dal foro stesso.
Non si notano delle differenze sostanziali tra i primi e i secondi, anche se i Forward spatter sono solitamente più densi e posti in maniera simmetrica, mentre nei Back spatter si può notare la presenza di materiale biologico diverso dal sangue come frammenti di osso e tessuto; se la distanza tra l’arma da fuoco e il corpo è ampia si nota che il back spatter può essere completamente assente.
La Polizia Scientifica, presso l’Unità per l’Analisi dei Crimini Violenti, ha prodotto un software denominato AnTraGoS (“Analisi delle Traiettorie delle Gocce di Sangue”), permette l’analisi automatica delle traiettorie delle gocce di sangue e l’angolo d’impatto partendo dai dati metrici ottenibili dall’analisi delle fotografie scattate sul luogo del crimine. Questo programma informatico che utilizza un metodo scientifico per la ricostruzione di un evento criminoso, permette di ridurre i margini d’errore che possono essere presenti . Inoltre la polizia scientifica per le ricostruzioni tridimensionali usa uno scanner laser 3D, che permette di acquisire una nuvola di punti dell’ambiente ed è estremamente utile per definire il sopralluogo virtuale.