sabato 30 giugno 2012

Massimo Picozzi - Carlo Lucarelli. SCENA DEL CRIMINE


Massimo Picozzi e Carlo Lucarelli ancora insieme a raccontare i più famosi casi di cronaca nera, casi come quello di Gianfranco Stevanin, di Marta Russo, di Luigi Fasulo, utilizzati per spiegare le tecniche impiegate nel mondo scientifico dalla polizia di stato.

Vengono descritte le modalità della morte, l’identificazione della vittima, l’autopsia, e ancora, la differenza fra armi da taglio e da fuoco.

Una specie di piccolo manuale di medicina legale ma che colpisce immediatamente il lettore per la semplicità del linguaggio utilizzato e per come vengono trattati di volta in volta gli argomenti. Per ciascun capitolo una storia diversa, uno spunto per spiegare al lettore tante nozioni che spesso si sentono ma che è difficile comprendere. Ma anche per far conoscere la verità di certi fatti ascoltati in televisione, troppo spesso storpiata dai giornalisti.

Sicuramente un testo scritto con professionalità, attento al particolare ma anche con l’attenzione per il lettore meno esperto della materia.
.

mercoledì 27 giugno 2012

Biologia Forense, R.I.S. ed "effetto C.S.I."

Giampiero Lago, Capo della Sezione Biologia del RIS di Roma, ci illustra chiaramente i compiti del biologo forense all'interno del dipartimento.

Un biologo forense svolge principalmente il suo lavoro nei laboratori, è addetto alla ricerca e alla raccolta delle "tracce", alla ricostruzione del fatto, determina la natura delle tracce, determina il sesso della vittima o dell'assassino e ne classifica il DNA.


Un biologo forense in sintesi, si occupa di "comparazione" del DNA.


La gente è invasa da un fenomeno mondiale quale la serie televisiva C.S.I. , e così si sono create delle aspettative in termini di risolutezza che in realtà non sono compatibili con l'evidenza, spiega, poiché nella vita reale la certezza non è affatto assoluta! E questo si chiama "effetto C.S.I.", ovverosia effetto "fiction", in quanto psicologicamente tutti quanti vorremmo vedere il trionfo della giustizia. In pratica, il RIS (Reparti Investigativi Scientifici) sa bene quanto le tracce macroscopiche (esempio l'arma del delitto) siano più facili da eliminare, per cui gli investigatori "puntano" quasi tutto sulle tracce microscopiche: la più agevole è la saliva poiché non vi è contaminazione, mentre il capello risulta essere una traccia più problematica da usare come prova "certa" in quanto probabilmente contaminato da agenti chimici. Nel caso del ritrovamento di un capello, comunque, siamo in grado di determinare se appartiene a un essere umano o a un animale, poiché il capello umano ha la struttura "invertita" rispetto a quello animale, e determinare ciò può apparire stupido ma nei fatti non lo è, perché se un ambiente o un'automobile è stato frequentato ad esempio da un cane o un gatto, nell'immediato possiamo pensare di avere trovato una traccia mentre in realtà ...

Gli investigatori C.S.I. (Investigatori sulla Scena del Crimine) della serie televisiva rendono tutto molto più semplice: in realtà un Sopralluogo Giudiziario può anche portar via un centinaio di ore di lavoro, e spesse volte si è costretti a ritornare sulla scena del crimine qualora ci si renda conto che qualcosa non "quadra" o è stato sottovalutato, per cui non esiste un tempo standard ma esso varia da caso a caso; inoltre, i dati vanno verificati per la correttezza del risultato che -ripeto- non è la certezza in assoluto, ed ecco perché generalmente occorreranno circa 40 giorni prima di ottenere un risultato apprezzabile, anche perché ci si occupa di più casi contemporaneamente.

Tornando al RIS capiamo dunque che si tratta di una struttura tecnico-scientifica dell'Arma dei Carabinieri, svolge cioè indagini scientifiche. Prende avvio dal "Gabinetto Centrale di Documentazione ed Indagini Tecnico-Scientifiche" fondato nell'anno 1955 che dieci anni dopo verrà chiamato "Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche".

Dal 1922 al 1997 l'apparato prende sempre più forma e si ingigantisce a causa della continua richiesta di interventi, e dal 1999 cambia nome ancora una volta e diventa "Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche (RaCIS)" con sede a Roma; altre sedi si trovano a Parma, Messina e Cagliari, inoltre, collegate ai rispettivi RIS, vi sono altre 29 Sezioni provinciali. Si tratta dunque di personale dell'Arma dei Carabinieri altamente qualificato nell'ambito delle investigazioni scientifiche, delle analisi criminologiche (profiler, psichiatri, psicologi, criminologi), alta tecnologia, balistica, dattiloscopia, fonica e grafica (comparazioni vocali e studio e/o analisi per appurare l'autenticità o la falsità di documenti); con una laurea specialistica e l'arruolamento nell'Arma, dopo uno specifico e qualificato addestramento si può entrare a far parte del RIS.

Riassumendo, il RIS dipende dal RaCIS ed è supportato dalle Sezioni Investigative Scientifiche Provinciali (SIS).


E quando parliamo di indagini, inevitabilmente ci si scontra con la "legalità" e quindi con il concetto di "privacy". Certo, sarà anche vero che "il numero di delitti che rimangono insoluti indica che non abbiamo le tracce genetiche di un numero sufficiente di persone", però, arrivare a proporre di schedare il DNA dei bambini che si ritengono essere potenzialmente dei futuri criminali, mi sembra un'idea folle stile-Hitleriano e quindi altrettanto pericolosa. Gli ambienti aiutano, plasmano le menti, quindi io penserei a un intervento di tipo "educativo" piuttosto che alle schede DNA per i bambini (come è stato recentemente proposto in Inghilterra).
In sintesi, schedare un bambino a me sembra un gesto crudele, oltre che assolutamente inutile.


L'eccessiva "verve" e/o sete di giustizia fa del male, come nel caso in cui in seguito a determinate indagini salta fuori la "reale" paternità o tradimenti coniugali, dove il risultato sarà l'inevitabile distruzione di un nucleo familiare.
Insomma, basta accendere il televisore: sentimenti, intimità vengono "spiattellati" dai mass media, genitori che anziché essere lasciati in pace perché gli hanno appena ucciso il figlio vengono invece accusati di pedofilia ... tutto questo viene offerto su un piatto d'argento come se niente fosse ed entra nelle case di tutti ... e che dire ad esempio del caso Cogne, dove oggi la donna era un'assassina, domani una madre amorevole ed addolorata, il giorno dopo ancora una squilibrata: per dirla alla G. Lago, "la scienza si fa con i fatti come una casa con i mattoni, ma l'accumulazione di fatti non è scienza più di quanto un mucchio di mattoni non sia una casa".


Ma non si dovrebbe essere "innocenti" fino a prova contraria?
Mi chiedo a questo punto, che fine ha fatto o meglio "quando agisce" veramente la protezione dei dati personali, l'imparzialità, il segreto d'ufficio e il silenzio stampa, che il Garante della Privacy dovrebbe garantire, come dice lo stesso nome?
Eppure esiste un codice etico regolamentato già dal 5 agosto del 1998: quanto tempo ancora bisognerà aspettare prima che l'Organo funzioni anche in Italia dove invece tutto quanto fa spettacolo?


La bacchetta magica non esiste e gridare "abbiamo le prove" è solo una frase "ad effetto" da slogan televisivo, anche se spesso l'apporto dato dalla dattiloscopia si rivela essere molto utile: analizzare le creste papillari dei polpastrelli delle dita, ci può fornire realmente un indizio molto importante; è importante sapere, infatti, che i segni morfologici delle dita rimangono praticamente immutati nel corso della vita di una persona a partire già dal terzo mese di vita per rimanervi fino alla morte, di conseguenza se l'impronta risulta essere non contaminata, alterata, allora può davvero costituire una "prova" per così dire inoppugnabile.
Allo scopo di essere verosimilmente "precisi" le analisi vengono affidate ad operatori diversi (test cieco), per cui ogni professionista non conosce il risultato degli altri ... e solo quando i dati coincidono, si può parlare di risultati attendibili. In tal modo viene evitato l'errore "tecnico".


La bacchetta magica, dunque, esiste solo per i mass media e non certo per i RIS: il loro motto è professionalità e non "fantasie" o facili entusiasmi, poiché non dimentichiamolo mai, potremmo anche incolpare un innocente, e quell'innocente potrebbe un giorno, per uno strano caso della vita, essere ognuno di noi.


Dr. Ferdinando Lo Verso

venerdì 15 giugno 2012

"DAL SOPRALLUOGO GIUDIZIARIO IN POI ..."

Inutile sottolineare l'importanza di professionisti quali l'Antropologo e il Patologo Forense.
Il primo non è necessariamente un medico e si occupa dei "resti" scheletrici, il secondo, invece, del cadavere.


Al di là delle intriganti immagini offerte da serie televisive tipo C.S.I. , in realtà, almeno inizialmente (cioè sul luogo del crimine), l'Antropologo usa, per il reperimento degli indizi, strumenti elementari quali il pennello e la cazzuola.
Qualora possibile (nel senso cioè di immediatamente disponibili), le impronte digitali sono il primo indizio utile per il riconoscimento e non solo della vittima; nel caso in cui i polpastrelli dovessero essere danneggiati (corpo carbonizzato), solitamente basterà immergere le dita in soluzioni chimiche particolari (vedi metanolo e idrossido di sodio) allo scopo di ammorbidire le creste papillari rendendo così possibile la tecnica dell'inchiostrazione.


Con il dato delle impronte digitali potremo già sapere, nel caso in cui la persona esiste già "registrata" nei casellari giudiziari, chi è la vittima o l'assassino; successivamente, assieme ad altri elementi quali capelli, saliva, presenza di sperma etc. , arrivare a stabilire il DNA dell'uno o dell'altro, ed ecco perché è importante non contaminare il sopralluogo, in quanto due DNA perfettamente identici non esistono.
Successivamente l'Antropologo Forense cercherà di stabilire il sesso del cadavere, l'età, la razza, la statura utilizzando tecniche quali la "ricostruzione facciale computerizzata" e la sovrapposizione di bacino, cranio e altre parti dello scheletro, confrontandole appunto con lastre già esistenti effettuate dal soggetto quando era in vita.

A questo punto entra in scena l'Odontologia Forense: attraverso la radiografia del cranio, l'esame del cavo orale, le impronte delle arcate dentali, prelievo di denti e/o apparecchi dentali, il professionista giunge a una costruzione facciale tridimensionale per dare un volto al corpo, e se siamo fortunati esisteranno già delle lastre odontoiatriche (chi non ha mai avuto bisogno di un dentista) e quindi avremo il "nome".

Nel caso in cui non ci siano a disposizione dati ante-mortem, allora si ricorrerà alla tecnica della "sovrapposizione dentaria", confrontando cioè il profilo della dentatura di quel corpo con quello di una fotografia (dove però siano ben visibili i denti) di un soggetto segnalato come "scomparso". In pratica, è lo stesso metodo che si usa per l'identificazione dei volti.


Rifacendoci sempre alle "fantasie" delle serie televisive, lo spettatore ormai pensa (grazie a C.S.I. o all'Ispettore Montalbano) sia possibile stabilire con assoluta precisione l'ora del decesso: in realtà non è proprio così (magari lo fosse) e l'unica tecnica finora a disposizione del Patologo Forense è quella del "raffreddamento", partendo cioè dalla misurazione della temperatura corporea, con una precisione che può oscillare dalle 3 alle 4 ore circa.
Nel caso di un ritrovamento di cadavere "antico" ci si affiderà alla decomposizione, stato delle ossa, ritrovamento e quindi presenza di insetti etc.

Come dire: tra la realtà e la finzione ...

Dr. Ferdinando Lo Verso

mercoledì 13 giugno 2012

"OLTRE" ... LE TRACCE: La Bloodstain Pattern Analysis (BPA).

Sappiamo bene quanto ai fini di un risultato soddisfacente inerente a un'indagine investigativa, il sopralluogo giudiziario (ne abbiamo già parlato) giochi un ruolo fondamentale se non addirittura principale.

A parte il prelievo di eventuali impronte digitali, capelli, liquidi seminali, ecc. per l'estrapolazione del DNA, un'estrema importanza assume la presenza, sulla scena del crimine, delle inevitabili tracce di sangue. Grazie a queste tracce, noi saremo in grado di ottenere utili informazioni per poter stabilire la dinamica dell'evento delittuoso che ci stiamo accingendo a indagare, e ciò avverrà attraverso l'osservazione della forma e della dimensione delle tracce di sangue, dell'andamento e della posizione nello spazio delle stesse.


Se il colore è rosso-vivo, ciò significa che non è passato molto tempo dall'evento, al contrario, se il colore si presenterà rosso-brunastro allora vuol dire che è già trascorso del tempo.


La disciplina che si occupa delle analisi delle tracce ematiche prende il nome di Bloodstain Pattern Analysis (BPA).


Prima che le tracce ematiche vengano però sottoposte al BPA, bisognerà stabilire a priori se le macchie di sangue presenti sulla scena del crimine appartengono realmente a un essere umano, se è sangue della vittima o dell'aggressore, l'epoca delle macchie, a quale parte del corpo sono da attribuire; solo dopo questi accertamenti, allora, si potrà ricorrere alla tecnica del BPA.


Risulta essere particolarmente importante analizzare la forma delle tracce di sangue che distinguiamo in:


a) gocciolatura e colatura (la prima si forma per azione della forza di gravità:la goccia di sangue cadrà sulla superficie dove è posto il cadavere; la seconda è una traccia che dopo essersi trasferita sul suolo, per un'inclinazione di quest'ultimo, scorre per un pò);
b) pozza e gora (la prima è una traccia di sangue estesa, la seconda è del sangue a forma lunga ed irregolare a causa del fatto che il piano essendo inclinato fa diramare la traccia proveniente dalla pozza);
c) spruzzi e schizzi (i primi si avranno dall'impatto del sangue su una superficie e sono per lo più a forma di punti esclamativi, mentre gli schizzi avranno una forma più piccola e saranno in prossimità degli spruzzi);
d) tracce secondarie, quali da trascinamento e figurate (qualora le tracce siano disomogenee e non uniformi, si pensa al trasporto forzato, ad esempio spostamento del cadavere.

In "Interpretation of bloodstain evidence at crime scenes" James e Eckert (2005) propongono una ulteriore classificazione:

1) impatto a bassa velocità (esempio lasciate da un corpo ferito in movimento);
2) impatto a media velocità (da traumi contusivi o tagli);
3) impatto ad alta velocità (causati da agenti balistici).

Salta subito all'occhio che la BPA permette di stabilire (anche qui comunque la certezza non è assoluta) la dinamica del fatto, dove stavano in quel momento la vittima e il colpevole per esempio.

La BPA dunque nasce dalla biologia, dalla fisica e chimica, dalla matematica e statistica, tutte scienze che permettono di individuare i punti di origine e le traiettorie dalle quali hanno avuto origine le tracce ematiche.

Ai fini di poter calcolare facilmente "l'angolo di impatto" della traiettoria che ha seguito la traccia ematica, la Polizia Scientifica si avvale di uno specifico software chiamato "AnTraGoS" (analisi traiettorie di sangue), partendo proprio dall'elaborazione dei dati morfologici e topografici delle tracce ematiche.

Ho accennato al fatto che la tecnica non è infallibile, poiché elementi come ad esempio il peso specifico del sangue (che è diverso da persona a persona per la differenza del numero di globuli rossi) la presenza di aria ventilata (anche causata) possono alterare e di conseguenza (viziare) i risultati.
.
.

lunedì 4 giugno 2012

Massimo Picozzi- Un oscuro bisogno di uccidere


Un libro questo che sicuramente porta il lettore a riflettere, scritto per mano del criminologo e psichiatra, nonché celebre docente di criminologia: Massimo Picozzi.

Qui Picozzi parla in prima persona raccontando (non certo con aria romanzesca) i più efferati crimini italiani commessi negli ultimi anni. Un uomo competente e impegnato in prima persona nelle indagini in veste di perito della polizia di stato, dove, tramite l’interrogatorio degli assassini, cerca di capire cosa ha spinto queste persone a varcare quella linea d’ombra che delimita il confine fra la follia e la malvagità consapevole.

Le realtà raccontate nel libro sono undici in tutto, casi quali il mostro del Circeo, il caso celebre delle bestie di Satana e ancora l’omicidio di Chiavenna.

L’autore racconta queste storie in modo tale che il lettore si trova catapultato in quella realtà come se stesse vivendo ogni singolo gesto o pensiero di quella persona, a chiedersi il motivo per cui soggetti apparentemente normali improvvisamente si trasformano in assassini spietati.

La peculiarità di questo testo sta nel portare il lettore a riflettere sulla fragilità umana, sulle domande che ancora oggi non sono state risolte e che forse mai lo saranno. Ma questo libro innanzitutto mette in luce un aspetto fondamentale che non deve essere trascurato. Chi l’ha scritto non smette di provare ancora oggi dopo anni di attività, quelle emozioni che in un lavoro come questo potrebbero portare ad un’abitudine inconsapevole a storie di questo tipo, all’orrore e alla malvagità umana. Molto bello leggere questo fra le righe, forse Picozzi non se ne è nemmeno reso conto…