mercoledì 12 luglio 2017

DROGATI DI WEB: I.A.D. PATOLOGIA DILAGANTE

La diffusione di Internet ha modificato in brevissimo tempo i costumi e le modalità di intendere e organizzare le relazioni sociali e comunicative.
Si sono ampliate le possibilità di comunicazione e di accesso a fonti di informazione fino a ieri sconosciute e impensabili, ma il processo che stiamo vivendo, sta aprendo la strada a fenomeni psicopatologici che si manifestano con una sintomatologia del tutto simile a quella osservata nei soggetti  tossicodipendenti.

Si sta assistendo alla diffusione preoccupante di una vera e propria psicopatologia che va sotto il nome di I.A.D. , Internet Addiction Disorder.
Il disturbo di dipendenza da Internet, oggetto di studio, già dagli anni ’90,  dello scienziato I. Goldberg, che per primo ne descrisse i criteri diagnostici, è oggi considerato una patologia del comportamento. Tale patologia, se non riconosciuta o sottovalutata, può produrre effetti devastanti sulla salute psichica e danni sociali, tanto quanto le dipendenze tradizionali da alcool, droghe, farmaci, gioco d’azzardo.
T. Cantelmi e M. Talli descrivono varie tipologie di dipendenza:
^Cyber  Sexual  Addiction (dipendenza da sesso virtuale) : visitazione ossessiva di siti porno, pratica di sesso virtuale.
^Cyber Relationship Addiction (dipendenza da relazioni virtuali) : utilizzo incontrollato per larga parte del giorno di email, social network, chat lines.
^Net Compulsion (comportamenti compulsivi tramite Internet ) : giochi d’azzardo on line, giochi di ruolo, shopping, trading.
^Information Overload ( sovraccarico cognitivo ) : ricerca compulsiva di dati dal web.
^Compulsion  Addiction (uso eccessivo e compulsivo del computer ) : giochi, gaming, solitari, playstation.

L’ American Journal of Psychiatry raccomanda di stare in guardia quando si superano sei ore di navigazione al giorno e iniziano a manifestarsi sintomi come insonnia, difficoltà di concentrazione, stress fisico e mentale, irascibilità e desiderio incontrollato dell’on line.
Tali sintomi, secondo ricercatori guidati da Hao Lei della Chinese Academy of Sciences  di Wuhan, sono determinati dall’alterazione che la “net addiction”  provoca sulla materia bianca( fibre nervose ricoperte di mielina) di alcune zone cerebrali, alterazioni già osservate in dipendenze da alcool e sostanze stupefacenti.

Cosa può condurre ad un’utilizzazione eccessiva di Internet e ad una psicopatologia?
La soddisfazione immediata di un bisogno, l’offerta illimitata, l’anonimato, la possibilità di sperimentare nuove identità, il senso di controllo e di appartenenza, l’annullamento dei limiti spaziali e temporali, la ricerca di un antidoto alla solitudine, il possesso di un bagaglio illimitato di informazioni. In poche parole, un desiderio irrefrenabile di “onnipotenza  virtuale”.

E’ opinione condivisa dagli studiosi che potenziali “cyberdipendenti” siano coloro che già vivono disagi emotivi e relazionali, ex alcolisti ed ex tossicodipendenti, coloro che conducono una vita sociale insoddisfacente o una vita affettiva problematica. In molti casi, infatti, la dipendenza da Internet può mascherare altri disturbi, come il disturbo ossessivo-compulsivo, forme di ansia e depressione, disordini relazionali, disorientamento, disistima.

Il fenomeno sta assumendo dimensioni preoccupanti  fra i giovanissimi, le cui storie sono comuni: “Restavo a casa incollato al computer invece di andare a scuola. Giocavo fino a notte fonda e non mi staccavo neanche per andare in bagno. Ho toccato il fondo. Dietro quella voglia di collegarmi ad Internet ed entrare in un altro mondo, ora penso ci sia stato un vuoto di sentimenti.” Così racconta Piero ( nome di fantasia ) che ha deciso di uscire dalla trappola della rete e dello schermo, unico rifugio per tutta la sua adolescenza, chiedendo aiuto all’equipe dell’ambulatorio del Policlinico Gemelli  di Roma, primo centro , nato in Italia, per curare i drogati di web.

Dalla I.A.D. è possibile uscire, ma si impone una scelta strategica finalizzata alla prevenzione e alla promozione della salute.
E’ necessaria ed urgente un’azione rivolta ai giovani, al loro stile di vita e di consumo, alle loro attività che, se non condotte correttamente, potrebbero avere un impatto deleterio nell’immediato e nell’età adulta.
Spetta ai genitori, in primo luogo, imporre regole educative che, per essere efficaci, non devono necessariamente tradursi in divieti , ma devono essere costruite attraverso il dialogo e la presenza costante, mai invadente perché produrrebbe aggressività, nel mondo virtuale dei figli.
E’ fondamentale anche, affinché l’obiettivo venga raggiunto con successo, una stretta e assidua collaborazione con le Istituzioni Scolastiche.

Non demonizziamo l’utilizzo delle nuove tecnologie e non trasformiamo una grandissima risorsa in una pericolosa minaccia!

Piera Denaro


martedì 4 luglio 2017

BULLISMO IN ROSA SHOCKING

È un fenomeno sommerso, se ne parla poco o se ne parla come di una ragazzata. 
E' il bullismo al femminile, più silenzioso e subdolo di quello a pugni e calci tra maschi, ma tagliente e incisivo nella vita delle vittime.



Ma chi sono le vittime? Spesso ragazze timide, introverse, brave a scuola, oppure coetanee, belle e pericolose che, agli occhi della bulla, potrebbero rubarle la scena. 
La bulla, spesso seguita dal gruppo, individua il punto debole della vittima ed è proprio lì che infierisce maggiormente. 

Su una pagina Facebook, creata appositamente per offendere pesantemente le  compagne, Benedetta, 17 anni, è un "tricheco" perchè porta l'apparecchio ai denti. Agnese, 17 anni, è un "bisonte" e per questo cade in depressione, digiuna e perde 30 chili. 

Anche i maschi sono vittime sacrificali. Marco porta la benda ad un occhio per un tumore, ma per lei, la bulla, gioca a fare il pirata. Giulio è in sovrappeso, le compagne lo chiamano "pattumiera" e gli lanciano addosso i resti del cibo del quale non hanno più voglia. 

Anni di psicoterapia, adesso sta bene ma rabbrividisce ripensando a quegli anni. 
Simona, adesso diciottenne,piccola ed esile, vittima di ostracismo, di atti finalizzati ad escluderla completamente dal gruppo-classe, ricorda: 
"Arrivai al punto di detestare la scuola, avevo terrore di andare in bagno perché lì c'era la mia carnefice". Le denigrazioni, le offese sull'aspetto fisico, sull'abbigliamento, sul rapporto con gli insegnanti hanno minato la mia autostima e portata a sperimentare un vissuto di insicurezza, inferiorità, a soffrire di gravi disturbi psicosomatici. Ancora oggi ne porto i segni". Ed è vero. 
Si potrebbero riportare altre mille storie. Il problema è grave e bisogna contrastarlo. Come? Forse i genitori dovrebbero essere più attenti e vigili, i docenti e i dirigenti scolastici dovrebbero farsi parte attiva e non far scivolare tutto nel silenzio e nell'oblio in nome dell'"immagine della scuola". 

Perché non intervenire con progetti-stavolta utili-volti alla prevenzione del fenomeno,con corsi di sensibilizzazione rivolti ai genitori, spesso assenti e sordi ai bisogni affettivi dei figli, ma molto presenti e attivi nel rivendicare una promozione immeritata? 

E poi, sia la famiglia sia la scuola, che però non può e non deve sostituire le "mura domestiche", dovrebbero educare i ragazzi a sane relazioni con il gruppo dei pari, dal momento che i bulli, siano essi femmine o maschi, lanciano, comunque, un messaggio di disagio e richiesta di attenzione che non può rimanere inascoltato. 
Piera Denaro
                                                                                                                            DOCENTE LICEO CLASSICO G.GARIBALDI-PALERMO