In Psicologia esiste un fenomeno noto come "profezia che si autoavera": una persona che agisce in base alle aspettive, si comporta di conseguenza e traduce in tali aspettative anche il suo atteggiamento.
Se ad esempio una persona è convinta di non piacere a nessuno, tenderà a comportarsi in maniera sospettosa, difensiva o, peggio, aggressiva. E' dunque probabile che gli altri reagiscano con antipatia al suo comportamento, confermando la premessa da cui il soggetto era partito (1).
Le indagini di
Rosenthal (psicologo) sui pregiudizi dello sperimentatore, hanno confermato che anche in esperimenti severamente controllati si riscontra una comunicazione complessa che incide sull'esperimento (2).
L'effetto Rosenthal viene denominato anche "
effetto Pigmalione" ed è una forma particolare dell'effetto della profezia che autoavvera, che consiste in un influsso non voluto sui risultati dell'esperimento nel senso delle attese, delle speranze e delle ipotesi etc. dello sperimentatore (errore sistematico dello sperimentatore).
Pigmalione era Re di Cipro amante della scultura e scultore a sua volta, a tal punto da trasferire su una statua da lui stesso modellata, l'idea della bellezza e della perfezione femminile tanto da innamorarsene perdutamente; chiese dunque a Venere di dar vita al suo amore, ed ella glielo concesse... la profezia, quindi, si avverò, e Galatea (nome della statua divenuta vivente) potè essere amata in "toto" dal nostro Re. Il riferimento a questo punto è chiaro: Rosenthal vuol dirci che tutte le volte in cui noi "ci facciamo un'idea" verso una persona, da quel momento in poi le nostre aspettaive saranno in grado di influenzare il suo comportamento; la profezia, cioè, si autorealizza.
Secondo le teorie psicoanalitiche coniate all'inizio del '900 da
Sigmund Freud (padre della psicoanalisi), il comportamento criminale origina da uno sviluppo inadeguato del Super-Io (struttura interna che ha il compito di amministrare la morale e la condotta delle persone) che, in psicoanalisi appunto, prende forma dalle figure parentali opportunamente interiorizzate nel bambino. Per rimanere nell'ambito della psicologia, secondo
Bandura e la teoria dell'apprendimento sociale, i nostri comportamenti originano dall'osservazione di quelli altrui e a loro volta questi ne risultano "rinforzati" o puniti. Parleremo dunque di "condizionamento" con le ricerche di comportamentisti quali
Pavlov e Skinner e i loro esperimenti condotti sui cani. Sulla scia di Freud, ritroviamo gli studi condotti dalla
Melanie Klein e in particolare al concetto di Invidia e di scissione schizo-paranoide; secondo l'Autrice, in sintesi, gli impulsi presenti nel bambino, qualora opportunamente soddisfatti ne faranno un adulto sano, viceversa no.
Bowlby e Winnicott, con le teorie dell'attaccamento e della
fiducia di base, pongono al centro della sanità psico-emotiva il ruolo dei genitori e in particolare della madre, quale fattore essenziale per la determinazione di comportamenti aggressivi, suicidi, omicidi e/o tendenti verso la criminalità. Spostandoci invece verso le teorie sociologiche sarà importante sottolineare la teoria di
Emile Durkheim: in sintesi, secondo l'Autore, quando il divario tra le proprie aspirazioni e le effettive soddisfazioni risulta essere spropositato, la persona tende ad assumere comportamenti antisociali, ne consegue che se io, ad esempio, non riesco in alcun modo a soddisfare quelle mie mete, come ad esempio un certo grado di soddisfazione economica, tale frustrazione potrà verosimilmente condurmi a commettere un reato.
Di recente, fa discutere la proposta lanciata da un esperto di Scotland Yard secondo il quale allo scopo di evitare che tanti delitti rimangano "insoluti", si dovrebbero schedare i DNA di quei bambini che fin dalle scuole elementari presentano già comportamenti aggressivi, violenti e antisociali.
In molti hanno espresso il proprio giudizio critico verso tale progetto.
Aggressività e violenza sono due cose diverse: l'aggressivo non sempre risulta essere necessariamente un violento, inoltre il violento è in realtà un prodotto dell'ambiente in cui egli ha vissuto e quindi dell'educazione impartitagli, e questo perché la violenza non è intrinsecamente riconducibile agli istinti (nel senso di processo assoluto e definitivo), bensì è un comportamento appreso di espressione degli istinti naturalmente presenti nell'essere animale-sociale che è l'uomo. Tale definizione ci porta dunque a pensare che istinti a parte, l'esempio dato dagli adulti gioca nel bambino un ruolo fondamentale: poiché il bambino tende a imitare il comportamento degli adulti, l'ambiente sarà, in tale prospettiva, ciò che plasmerà, indirizzerà e darà forma alla innata aggressività dell'infante.
Se i genitori sono dei violenti è probabile che lo saranno anche i figli. Se i genitori e/o educatori si rapporteranno in modo violento verso il bambino, quest'ultimo imparerà a sua volta a rapportarsi in tal senso col mondo esterno dapprima con i coetanei, e in seguito nel mondo del lavoro e infine col partner e i figli stessi.
Una tesi che viene espressa egregiamente nel film "Era mio padre" diretto da Sam Mendes nel 2002 con il grande Tom Hanks? In questa interessante pellicola cinematografica, un bambino si trova al centro di una storia stile "mafia americana". E' figlio di un gangster: una realtà che il bambino scopre accidentalmente, che non capisce e accetta. Il padre farà di tutto per proteggere il figlio dall'insano ambiente e si metterà nei guai con il boss proprio per questo motivo; il bambino però alla fine ha talmente "idealizzato" e incorporato il coraggio del padre da idealizzare la sua immagine.
Ecco che schedare i DNA dei bambini è pericoloso, folle e in ultima analisi inutile: inoltre, dall'effetto Pigmalione abbiamo imparato che rendere scontato il comportamento criminale di un soggetto, con molta probabilità farà di quella persona un reale criminale.
La domanda che ci si deve porre, dunque, è la seguente:
è verosimilmente possibile che i geni predispongono in qualche modo a commettere crimini?
Esiste un gene che identifichi "l'essere criminali?".
Diciamo subito che ovviamente i geni hanno un ruolo certamente importante per la struttura fisico-emozionale di un essere umano, ma mentre i geni ci daranno la possibilità di predire la predisposizione ad ammalarsi di un tipo specifico di disturbo/malattia, in realtà non ci diranno se quel bambino sarà predisposto all'alcolismo, alla droga e tantomeno all'omicidio, perché come abbiamo visto questi sono fattori che dipendono dall'educazione, dall'ambiente in cui si cresce, dalla cultura e quindi dall'ambiente sociale.
Si può cadere nel preconcetto che l'intelligenza, la criminalità, l'omosessualità e addirittura la povertà, siano determinati geneticamente.
Recentemente, però, i genetisti del Progetto Genoma Umano hanno dichiarato che in realtà il numero dei geni presenti nel DNA dell'essere umano è troppo scarso per potere pensare che ci siano geni specifici atti a controllare e sviluppare comportamenti quali la criminalità, l'omosessualità etc.; di conseguenza, aggiungono, non esiste nulla che possa essere indicato come "gene del crimine", dell'omosessualità e così via, in quanto le ultime scoperte non lo dimostrano affatto e anzi lo contraddicono.
E' il nostro ambiente ad essere determinante.
E' la violenza a generare "altra violenza", così come l'assoluta mancanza di amore e cure nei confronti di un bambino può risultare perfino più disastrosa di una violenza subita. Ne deduciamo che se l'eventuale progetto di base inscritto nel nostro DNA non viene a sua volta "attivato" dall'ambiente in cui cresciamo, esso rimarrà per così dire "sepolto" nei meandri di noi stessi.
Questo è, in sintesi, ciò che ci distingue a mio avviso dal cane di Pavlov: l'educazione e l'amore ricevuti e, in ultima analisi, il libero arbitrio ovverosia le nostre scelte in quanto esseri pensanti.
Ricordiamolo: le nostre aspettative, siano esse positive o negative, influenzeranno il comportamento dell'uomo al punto da realizzare la profezia!
L'uomo, cioè, è capace di creare qualcosa dal nulla.
La fiducia è la migliore "arma" da utilizzare per estrapolare il meglio dalle persone, altro che "schedatura" infantile di DNA, in fondo la differenza tra un "dottore" e un operaio non sta tanto nel loro conto in banca, ma nel modo in cui -i due- vengono trattati dal resto del mondo, e i concetti mostrati dall'ambiente circostante quando -i due- erano bambini, nei loro confronti, saranno certamente decisivi per le loro scelte e comportamenti.
Si presuppone che i genitori amino i figli, e amare qualcuno vuol dire valorizzarlo, fornirgli attenzioni e
fiducia di base.
In realtà, quale è l'offerta di crescita che l'adulto propone oggi al bambino?
Agi a non finire, realizzazioni ad ogni costo! Immagini deleterie fornite a più non posso dalla tv e dal cinema dove la violenza dilaga e il delinquente diventa una star, messaggi subliminali del tipo "se sei stupido/a però sei bello/a diventerai ricco e famoso/a" perché ciò che conta è l'esteriorità, l'apparire. Se non possiedi il cellulare di ultima generazione non sei nessuno e se il tuo jeans non ha strappi non vale niente e, ancora, vieni completamente messo al bando se non mostri tutta una serie di pearcing sparsi quà e là o mutande tassativamente fuori dal pantalone dove è d'obbligo la visione di un pezzo di ...
Il possesso e il consumo a ogni costo, dove possesso è potere e consumo è status sociale.
La famiglia è distrutta e quei principi e valori morali di un tempo sono oramai soltanto un pallido ricordo, giustamente nostalgico, da parte di anziani che ben comprendono quanto ben poco o nulla rimarrà di loro...
L'era del pugilato è pressoché tramontata, ma al suo posto, cosa piuttosto grave in quanto oggetto di culto dei bambini troviamo sport violenti quale ad esempio il "wrestling", oppure giochi elettronici dove per la maggior parte si tratta sempre di uccidere, annientare, bombardare qualcosa o qualcuno.
E come se non bastasse qualora un bambino non reagisca con violenza ad attacchi di coetanei, viene dal genitore etichettato come "femminuccia". E allora, anziché pensare alle schede del DNA dei bambini, la società dovrebbe smetterla una volta per tutte di insegnare la violenza e incentivare il bambino ad esprimere le proprie emozioni come ad esempio il pianto e la rabbia per scaricare l'aggressività cosa che tutto sommato dovrebbe fare anche l'adulto.
E concludo: per quanto tempo ancora l'essere umano tenterà di giustificare i propri insani comportamenti cercando sempre di dare la colpa delle proprie azioni a qualcosa o a qualcuno?
A questi quesiti ahimè io non so rispondere, e oltretutto non posseggo poteri tali da prevedere il futuro... per cui, non mi rimane altro che "sperare", e nutrire fiducia... di base!